ATTENZIONE: contiene spoiler sul finale di serie.
Everytime someone steps up
and says who they are
the world becomes a better,
more interesting place.
So thank you.
Che Michael Schur abbia ideato alcune tra le migliori serie tv di sempre non lo dico (solo) io. Anche Brooklyn Nine-Nine ha meritato il suo posto alla tavola rotonda delle comedy e lo ha fatto combattendo – tra una risata e l’altra – le più grandi ingiustizie del nostro tempo (dal sessismo al razzismo, dall’omofobia alla police brutality). Fino alla fine, anzi soprattutto in quel momento.
Quando Peralta lascia il distretto per fare il papà. Già di per sé una scelta commovente: stiamo parlando di un uomo che fino a poco tempo prima possedeva una sola salvietta (ignifuga, poiché non si asciugava mai del tutto). La cosa davvero eccezionale, però, è un’altra: a nessuno pare insolito. Nessuno cerca di fargli cambiare idea, nessuno si domanda perché non resti a casa Santiago, a fare la mamma a tempo pieno.
Una parola che detesto, ma di cui amo il grande potere, è “normalizzare”. Ecco, Peralta ha normalizzato un sacco di cose e lo ha fatto continuando a sembrare il nostro vecchio compagno di classe fuori di testa, quello che faceva ridere dallo sfinimento anche i professori.
Non si capiva mai se fosse il più stupido o il più intelligente. Quasi sicuramente era entrambe le cose.