The Good Fight

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It’s always good to talk to a dinosaur.
Reminds me how much things have changed.

Nascere spin-off è come essere figlio d’arte: bisogna faticare il doppio per dimostrare di meritare il proprio posto nel mondo (o nella tv). Certo, a volte capita che uno spin-off ci faccia dimenticare il “prima” (Frasier) o diventi il perfetto seguito di una serie indimenticabile (Better Call Saul).

The Good Fight porta la sua eredità nel nome, ma non ne sente il peso, anzi: rimedia ai pochi errori commessi da The Good Wife. Non è il solito legal che guarderete per due puntate prima di dimenticarvi della sua esistenza, non è la serie da tenere in sottofondo mentre fate le flessioni. È una gita fuori dalla vostra comfort zone, un’ora di lezione tenuta dal professore più geniale che abbiate mai avuto (quello che disegna e suona la chitarra, che verrà allontanato per le proteste di tre genitori più ricchi degli altri).

Vi farà sentire soli, ma allo stesso tempo vi ricorderà che non lo siete. Se faticate a trovare un posto in cui sentirvi al sicuro, il nuovo studio di Diane Lockhart ha una scrivania per voi. Non è il luogo in cui riposarsi, ma paradossalmente è quello in cui tirare il fiato.

Un’ultima cosa: non è gratis, vi chiederà da che parte state. Preparate una buona risposta.