The Vampire Diaries e la confortante ingenuità dei teen drama

The-Vampire-Diaries

There is no science here,
this is magic.

Nel mio personale podio televisivo, a sorreggere simbolici trofei d’oro massiccio, ci sono The West Wing, The Newsroom (e tutto ciò che è stato scritto da Aaron Sorkin), Six Feet UnderBreaking BadFringe, The Office, Parks and RecreationSherlock e molte altre (è un podio anomalo, somiglia piuttosto a un grande cantiere: ha almeno una trentina di posti e viene ampliato continuamente).

Mi piace pensare di avere buon gusto, riconosco il valore della scrittura, comprendo il talento di attori del calibro di Bryan Cranston e la genialità di alcuni registi in grado di lasciare lo spettatore a bocca aperta e con il dubbio di non aver capito assolutamente niente di quanto appena visto (anche voi state pensando a David Lynch?). Sono una maniaca di serie tv, faccio il possibile per vedere almeno il pilot di ogni nuova produzione. So far, so good.

Poi succede. Succede che io passi gran parte del mio tempo dedicandomi a quella che, a mio avviso, è la forma più distensiva di intrattenimento seriale: i teen drama. Non mi sono mai chiesta il motivo, temendo che – dopo averne esplorato a fondo le cause – mi sarebbero servite ore di terapia, ma in fondo perché si corre? Perché si mangia il gelato direttamente dalla vaschetta? Perché a volte, quando piove, solleviamo la testa e chiudiamo gli occhi lasciando che le gocce ci cadano sulla faccia? Perché ci fa stare bene. Per un mese, per un’ora, per cinque secondi ci fa stare bene. E tanto basta.

Da Beverly Hills 90210 a One Tree Hill, da Pretty Little Liars a Dawson’s Creek, da Roswell a Riverdale, da Veronica Mars Glee, senza dimenticare 13 Reasons WhyGossip GirlFriday Night LightsThe 100 o Gilmore Girls, ci sono teen drama per tutti i gusti: post-apocalittici o “limitati” alla vita reale, popolati da assassini seriali o cacciatori di demoni, amati dalla critica o ignorati. Alcuni somigliano a una telenovela in incognito, pochi cambiano la storia della televisione per sempre (anche voi state pensando a Buffy Summers?).

Molti di noi hanno speso qualche ora della propria vita assecondando la necessità di abbandonarsi al conforto di un teen drama. Rari folli, come me, continuano a farlo ignorando l’arrivo dell’età adulta.

L’ultima dose l’ho estratta, come la cura per il vampirismo, dalle otto stagioni di The Vampire Diaries. «Perché?» vi chiederete. Come anticipato, non ci sono risposte che differiscano da: «Perché sì». TVD è una lunghissima sequela di scene che si somigliano in modo impressionante, ma alla base c’è una mitologia (tratta dai romanzi di Julie Plec e da tutta la precedente letteratura e storia del cinema) sorprendentemente solida e (in)comprensibilmente addictive che, altrettanto (in)comprensibilmente, sento di voler riassumere.

I vampiri
Creature piuttosto differenti da quelle della saga di Twilight (che non perdono occasione di deridere apertamente), se non per la (super)forza, la (super)velocità e i sensi (super)sviluppati. Non brillano al sole, mangiano, dormono e – soprattutto – consumano molti superalcolici. Non si ammalano, non si ubriacano, hanno una sorta di pulsante che permette loro di spegnere qualsiasi emozione (ma attenzione: tornare indietro è un’impresa e serve qualcuno in grado di far leva sull’umanità perduta), il loro sangue cura i traumi e le loro sensazioni sono amplificate (difficile distinguerli, dunque, dai normali adolescenti). Possono essere uccisi soltanto strappando letteralmente il loro cuore dal petto o conficcandovi con precisione chirurgica un paletto di legno, non sono immuni alla decapitazione e al morso di un licantropo, ma almeno per quest’ultimo esiste un antidoto: il sangue di un ibrido. Non possono entrare nelle case abitate da umani se non espressamente invitati da uno dei proprietari. La luce del sole li riduce in cenere e, per questo motivo, possono uscire solo di notte. A meno che non possiedano un anello diurno (daylight ring), la cui creazione è prerogativa delle streghe. È interessante notare come, nonostante secoli passati sulla terra, il loro vocabolario sia molto simile a quello di un sedicenne che frequenta il liceo e non si impegna nemmeno tanto.

I vampiri Originali (The Originals)
I primi vampiri, più forti e resistenti. Creati dalla propria madre, potentissima strega, grazie a un incantesimo che necessita di alcuni elementi tra i quali la quercia bianca. Poiché la natura impone che non esistano creature immortali, e per amore della simmetria, il suo legno è l’unica arma in grado di ucciderli. Si tratta di cinque fratelli, alcuni inspiegabilmente dotati di un forte accento inglese, da cui discendono tutti i vampiri. Alla dipartita di un Originale si estingue anche tutta la discendenza.

L’ibrido
Uno dei cinque Originali, figlio della strega ma (sorpresa!) di padre ignoto, Niklaus detto Klaus possiede, per ereditarietà dalla linea paterna, il gene della licantropia. Essendo stato trasformato in vampiro è il primo e (per un po’) unico ibrido sulla Terra. Passa un’intera stagione a cercare il modo di creare altri ibridi, lasciando dietro di sé una scia di morte e distruzione, per poi abbandonare la missione e trasferirsi a New Orleans. Lo spin-off (The Originals) alza il target di età del pubblico in una proporzione che, ai nati negli anni Ottanta, non può non ricordare quella tra Beverly Hills 90210 e Melrose Place.

Gli umani
Uguali a noi, ma senza problemi economici, prendono generalmente bene la notizia di un mondo abitato da creature sovrannaturali.

I lupi mannari
Umani attaccabrighe che, per linea di sangue, ereditano il gene della licantropia. Possono vivere tutta la vita ignorando questo aspetto, ma se fanno tanto di uccidere qualcuno allora la maledizione si attiva e a ogni luna piena è meglio incatenarsi nello scantinato. Intolleranti al wolfsbane.

Le streghe
Umani con abilità magiche che, se trasformati in vampiri, perdono i propri poteri. Perché non si può avere tutto nella vita. Anche se, in realtà, qualcuno può: le streghe che non possiedono naturalmente la magia, ma si limitano ad assorbirla (siphoners siphons), una volta trasformate possono autoalimentare il proprio potere assorbendo quella stessa magia che le ha rese vampiri.

Il Diavolo
La genesi di Satana in versione TVD, lo ammetto, mi è piaciuta particolarmente (la sua risoluzione molto meno, ma se avessi voluto vedere qualcosa di coerente avrei riguardato Broadchurch). Arcadius, per gli amici Cade, è uno stregone messo al rogo dalla propria gente che, al momento della sua ingiusta morte, scatena tanta rabbia da creare la dimensione che gli umani chiamano Inferno. La sua essenza si trasferisce in questo sottomondo e ne diviene padrona, reclamando a sé le anime di chi compie atti crudeli nel corso della vita. Il fatto che Cade venga annientato piuttosto rapidamente e sia anch’egli soggetto al fascino di un particolare personaggio femminile, in grado di avere inspiegabilmente la meglio su tutti e tutto, è quello che fa di un teen drama un teen drama.

Il soggiogamento
Come da tradizione, un vampiro può convincere un essere umano di qualsiasi cosa. Può rimuovere i ricordi o trasformarli: gli è sufficiente fissarti intensamente negli occhi e pronunciare la nuova realtà. A meno che l’umano in questione non abbia assunto verbena, in quel caso il vampiro è solo uno strano tizio che ti guarda e ti dice una bugia. Il soggiogamento si annulla retroattivamente nel caso in cui il soggiogato compia la transizione.

L’asservimento
Rara condizione che lega un nuovo vampiro al suo creatore e lo rende incapace di opporsi, sembra si verifichi nel caso in cui tra i due ci sia un legame affettivo precedente alla trasformazione.

La trasformazione
Se un umano muore con sangue di vampiro nel proprio sistema, torna dalla morte per compiere una scelta: completare la transizione nutrendosi di sangue (preferibilmente fresco e direttamente dalla vena pulsante di un passante) o lasciarsi morire. Non vi sorprenderà sapere che la stragrande maggioranza degli ex umani sceglie la porta numero uno.

La cura
Esiste una sola cura per il vampirismo ed è il sangue del primo immortale (vissuto nel I sec. a.C.) di cui vi risparmio il complicato background. Un vampiro che la immette nel proprio sistema ritorna a essere umano e il suo sangue diventa la cura stessa. Se viene estratta, e se il soggetto ha vissuto più degli anni che compongono una regolare esistenza, comincia a invecchiare rapidamente. Ingerire la cura annulla qualsiasi possibilità futura di venire salvati da sangue di vampiro e costringe a lavorare per vivere, pagare le bollette e fare la coda in posta. Non è chiaro perché tutti la vogliano.

Le creature sopra elencate (più quelle che ho consapevolmente tralasciato) passano circa una ventina di episodi per stagione a individuare nemici con cui puntualmente stringono alleanze, per poi scioglierle, per poi – avete capito. Si impalano, si spezzano il collo a vicenda, organizzano feste e trovano quasi sempre un incantesimo – a cui in precedenza nessuno aveva pensato – per risolvere i problemi contingenti. Qua e là qualcuno ci lascia le penne, ma ci si passa sopra abbastanza in fretta.

Tra sirene e corpi scambiati, triangoli amorosi e pigiama party, doppelgänger e corpi in deterioramento che vengono riacquistati senza troppe spiegazioni, concorsi di bellezza, viaggi nel tempo e una lista di oggetti magici la cui lettura necessita una settimana di ferie, TVD è un contenitore di storie e leggende, originali o rivisitate, che ha soggiogato un’ampia schiera di umani. Tra loro qualcuno ha persino scandagliato il web alla ricerca della replica di un particolare daylight ring e sì, quel qualcuno sono (anche) io.

Perché è vero che l’età adulta ci raggiunge, ma arrendersi al suo arrivo, quella è tutta un’altra storia.