All we have to do is imagine it,
trust it and flip the switch.
Quando si gioca a compilare una lista delle migliori serie appartenenti al genere drama, ci sono titoli che arrivano sempre sul podio: Breaking Bad, The Wire… Ce ne sono altri che restano indietro senza un valido motivo: forse, semplicemente, non hanno molti sostenitori a fare il tifo sugli spalti.
Halt and Catch Fire ha tutte le carte in regola per essere definita un capolavoro: ha una storia e la Storia, parte dai garage e arriva alla Silicon Valley, racconta il progresso e l’anima, la tecnologia e il sogno, il nostro tempo e noi stessi, i fallimenti e tutte quelle volte che c’eravamo quasi e invece, per un soffio.
Halt and Catch Fire è poesia nell’informatica. È la forza dei legami spezzati che si riallacciano per un istante o per sempre, con un boato o nel silenzio assoluto, senza alcuna regola. È la fuga verso ciò che possiamo controllare, che siano codici, gesti o parole. È scoprire come la distanza e il tempo svaniscano, accecati da un ricordo improvviso. È la consapevolezza del filo invisibile che ci unisce a tutte le persone che hanno contribuito a farci diventare quello che siamo.
Ed è capire che quel filo non può spingerci, né tirarci dove non vogliamo andare.